Mi era rimasto qualche soldo dall'ultimo lavoro ed ero riuscito a trovare una casa abbastanza vicina al centro da permettermi di andarmene in giro a piedi.
Convivevo con Martina, una ragazza che avevo conosciuto una sera in un locale fuori città. il tizio che suonava la chitarra e cantava a bassa voce sembrava aver finito il suo repertorio, ed io le offrii da bere. Nell'esatto momento in cui accettò, iniziò a piacermi. Parlammo tutta la sera. Parlammo dentro il locale, parlammo in macchina e parlammo a casa mia. Quando finimmo le parole iniziammo a spogliarci a vicenda.
Nonostante tutto quella sera avevamo litigato. Non succedeva di rado, in effetti. Tutto quel parlare che c'era tra di noi spesso finiva per farci gridare. E poi era finito il vino, perciò dovevo uscire di casa.
Era ancora presto, ma i lampioni erano già accesi e costruivano le loro forme gialle attraverso la nebbia fitta al di sopra della mia testa.
Avevo sete, perciò entrai nella prima birreria poco affollata che trovai sulla strada. Faccio così da sempre. Preferisco avere intorno poche persone e preferibilmente sconosciute, quando ho bisogno di sbollire o di bere.
Dentro al grosso schermo appeso sopra il bancone i Cure suonavano "Boys don't cry". C'erano pochi tavoli, tutti rotondi, tutti vuoti. Condividevo l'aria di quella stanza con sole quattro persone, barista compreso. Due ragazzi quasi litigavano per non so quale squadra di calcio, mentre un altro usciva dal bagno in quel momento e si metteva a sedere allo sgabello del bancone vicino al mio.
Ordinai del rum liscio e un toast al prosciutto. Non avevo ancora cenato e mi serviva qualcosa nello stomaco per iniziare a bere. Ultimamente vomitavo spesso, così ogni tanto mi venivano in mente cose come queste.
Mandai giù il primo bicchiere con due sorsi, ordinai il secondo mentre giravo una sigaretta e pensavo che avevo dimenticato di comprare il vino e che ormai avrei trovato tutto chiuso. Non mi restava che sbronzarmi li al bar.
La grossa porta di ferro e vetro del bar sbattè spinta dal chiudiporta proprio nell'attimo in cui il fondo spesso del mio secondo bicchiere si stendeva sul piano umido del bancone.
Ora eravamo in 5 a respirare, lì dentro. compreso il barista, ovviamente. Ci girammo tutti per scoprire chi era il nostro nuovo compagno. Era una donna. Una donna vestita di giallo, che sapeva bene come mettere i piedi l'uno davanti all'altro. Portava un cappotto di finta pelliccia completamente giallo che lasciava intravedere una maglietta nera. Le scarpe che faceva dondolare avanti e indietro, mentre si avvicinava pericolosamente al bancone, erano gialle anche quelle. I nostri occhi continuarono a seguirla finchè non si fermò, il momento in cui schiarimmo la voce e tornammo al nostro drink.
- Whisky, con un solo cubetto di ghiaccio, per favore - ordinò.
Tirò fuori il portamonete e pagò subito. Forse così lo gustava meglio. o forse no.
Mentre gli altri due babbei continuavano a parlare di pallone per mascherare le occhiate che le rivolgevano furtivi, mi alzai dal mio posto e mi sedetti vicino a lei.
Una volta più vicino guardai meglio il suo viso. Era bellissima. Una donna che non capita spesso dentro un bar così.
Mandai giù il secondo bicchiere di rum e mi offrii di pagarle il prossimo giro.
Accettò anche lei, come Martina, e anche lei mi piacque immediatamente.
Ci scambiammo i nomi ed andammo avanti a bere e parlare per molto tempo. Le raccontai che mi trovavo li per colpa della mia donna e del vino che continua a finire. Lei era li solo perchè era sera, e la sera entrava sempre in qualche bar a caso. Voleva intorno meno gente possibile quando era sera ed era stanca, meglio ancora se sconosciuti.
Ci domandammo un sacco di cose. Io continuavo a guardarla in faccia e più la guardavo, più mi convincevo che non avrei mai finito le domande per una donna del genere.
Dopo parecchi bicchieri finalmente riuscì a chiederle di cambiare posto e diventai di ghiaccio quando mi propose di andare a casa sua.
- Dovrei avere qualcosa da bere, e poi non c'è nessuno. -
Ci alzammo da li e ci incamminammo. Per fortuna neanche lei aveva la macchina. Avevo voglia di camminare, camminare di fianco alla donna tutta gialla mentre i babbei all'interno del bar si chiedevano come avessi fatto e perchè i loro deltoidi perfetti non avevano funzionato. Quelli come loro sono convinti che i deltoidi perfetti siano magici, che basta starsene li a contrarli ogni tanto e quelli fan tutto da soli. In genere è vero, ma non funziona con le donne vestite di giallo e ancora meno con quelle che bevono whisky.
Camminando continuava a toccarsi i capelli scuri e il movimento che faceva con le dita mi ipnotizzava e promisi di ricordarlo per sempre.
Ci fermammo in una via nella parte della città opposta a casa mia, davanti ad un massiccio portone di legno, decorato con riccioli di metallo. Tirò fuori le chiavi ed aprì.
Casa sua era al primo piano, ma mentre andavo su per la scala non riuscivo a far altro che immaginare decine di scenari diversi, celati solo da quella porta al primo piano.
Non ci fu bisogno della chiave per aprire, bastò girare il pomello. Ecco finalmente la risposta alle mie domande sul suo appartamento.
Vuoto. Era completamente vuoto, fatta eccezione per un letto da una piazza e mezzo ancora disfatto e un tavolo con sopra forse venti bottiglie, tra piene e vuote.
- Non ho i bicchieri, spero non ti spiaccia. -
- Nono, figurati. - è tutto quello che riuscii a dire.
Ero concentrato a pensare a come facesse a vivere li la donna vestita di giallo. La donna più bella del paese. Era l'unica scena che non avevo considerato. Avevo immaginato diverse varietà di appartamenti luridi e disordinati, pieni di libri e riviste e cumuli di vestiti, ma anche perfetti e puliti, arredati con gusto e colorati saggiamente. Quello spazio vuoto non mi era proprio venuto in mente.
Mi disse di prendermi da bere, mentre lei andava un attimo in bagno.
Presi un sorso di rum, avevo letto in qualche libro che l'alcol non fa male, se non mischi. Era un bel modo di fregarsene e trangugiare più tranquilli.
Mentre il suo rum mi scendeva giù per la gola mi venne in mente Martina. La vedevo girare per casa nervosa fumando le sigarette che si preparava di continuo. Mi chiesi se non fosse ora di metterci una pietra sopra. In fondo mi ero svagato e avevo bevuto, non ero più arrabbiato.
Forse lei si, però.
Pensai che forse tradirla sarebbe stato troppo, ma Elena era bellissima, non mi sarebbe capitata un'altra occasione di quelle. E poi ero ubriaco, non avevo la testa per pensare alle conseguenze del tempo che avremmo passato su quel letto da una piazza e mezzo.
Mentre ci pensavo su, però, mi dissi che dovevo decidermi in fretta ed eventualmente scappare via prima che uscisse dal bagno.
Chiusi gli occhi e immaginai Martina nuda sul nostro letto, nella stanza che lei aveva arredato e fatto pitturare. La trapunta bordeaux che aveva comprato per abbinarla alle lenzuola nere. Il tempo che ci aveva messo a scegliere le abat-jour e le scosse elettriche che l'attraversavano mentre mi portava per mano a farmi vedere il risultato.
Aprii gli occhi e vidi quella stanza bianca, vuota. Mi sentii male, come se mi avessero narcotizzato e poi lasciato in mezzo alla strada di un paese che non conosco.
Diedi un altro bacio alla bottiglia, ne presi una ancora semipiena e sgattaiolai fuori dalla porta e giù dalle scale.
Mi dirissi verso casa a passo veloce, e arrivai prima di accorgermene, col fiatone.
Salii le scale due gradini per volta e spalancai la porta cercando con lo sguardo Martina.
Era sul divano, rivolta verso di me, e non c'era traccia della rabbia che mi aspettavo, nella sua espressione.
Mi chiese dove fossi stato fino ad allora e cercò di farmi pesare il fatto che mi aveva aspettato. Io non la ascoltai e non risposi, andai a prendere due bicchieri e versai da bere per entrambi.
Bevemmo in silenzio. Non mi chiese più dove mi fossi cacciato e mi fece piacere.
Andammo a letto. Ci infilammo sotto le lenzuola nere ancora fresche ed attaccai a baciarla.
Da li a poco avrei fatto l'amore con Elena, nella camera arredata da Martina, e nessuna delle due avrebbe mai saputo niente.
La mattina dopo mi sentii un pò più stronzo del solito, perchè avevo preso in giro un bel pò di gente, la sera prima. Mi promisi di non farlo più e mi bastò per farmi stare meglio.
Martina stava facendo il caffè per tutti e due.
La abbracciai e la tenni stretta finchè il caffè non uscì.
Ci amammo ancora per un pò, finchè il vino non finì ancora.