mercoledì 27 ottobre 2010

Vorrei che uscissi da quello schermo,
e come se fosse un bacio vorrei succhiarti l'aspetto.
Vorrei assorbire con un respiro quel tuo viso felice,
quella tua voce tranquilla,
quell'aspetto rilassato.

Vorrei prenderti dai capelli,
e farti uscire da quello schermo,
una volta per tutte.
Una volta per tutte mia.
Fuori da quel maledetto schermo,
ti cingerei la nuca,
e ti terrei la fronte.

Vorrei con un soffio,
spazzare via quest'odore di cilicio,
respirare a fondo il profumo del tuo cotone,
della tua lavatrice.
Vorrei che il silicio si facesse fottere.

Come svegliarsi una mattina in estate,
dirigersi verso il balcone,
e aspirare l'alba nei polmoni.
Caldo e faticoso.

-

Vorrei che mi guardaste in faccia, tutti quanti siete.
Che mi guardaste chiedendomi cosa possa essere successo.
Che vi chiedeste come mai vi stia dando l'addio, senza battere ciglio.

Vorrei che mi guardaste in faccia, mentre soffoco.
Che vi guardaste stupiti, chiedendovi cosa stia succedendo.
Che mi guardaste increduli e storcendo il naso, sulle mie scelte poco cristiane.

Poco rispettose,
di chi
paziente
mantiene la famiglia
e lavora forse 48 ore al giorno
e alza i soldi per le birre.
Lascia che i giorni siano tutti uguali, che anche il tempo smetta di aver ragione.
Aspetta, perchè i fiori intorno al tuo collo diventeranno pelle morta. Domani.
Lascia che di te si prendano il meglio. Le lacrime e i sorrisi, i momenti di gloria, la sensazione di sentirti migliore.

Aspetta di diventare pelle morta, ma intanto
Lascia che si cibino di te, che festeggino sul tuo capo chino.
Lascia che si sentano migliori, come piaceva fare a te.
Lascia che abbiano la loro porzione di sorrisi, che credano di aver ragione, che annusino l'odore che lasci quando ti sacrifichi.
Insegna loro cosa vuol dire l'attesa.
E lascia che aspettino.
Per terra c'è un mucchio di ceneri.
Raccogli, campione.
Raccogli quel mucchio di ceneri, respirane l'odore. Sei tu, campione.
Sei tu.

Fatti forza. Ti dico fatti forza.
Alza la testa, campione.
Sei tu. Contro di loro.
Sei tu contro di loro. Ed è come se avessi già vinto.

Spogliati di desideri, voglie, passioni.
Spogliati delle lacrime salate.
Hai vinto, campione, hai vinto.
Hai vinto il gioco.

Spogliati di te stesso.
Quello che credevi te stesso.
Hai perso tempo. Succede anche ai migliori.
Ma hai vinto il gioco.

Addio campione. Hai vinto il gioco.
Hai perso te stesso, ma hai vinto il gioco.
Da campione.

lunedì 25 ottobre 2010

Avevo, forse, 17 anni e odiavo la mia voce di quando piangevo.
I singhiozzi, gli occhi rossi, il gusto del sale e tutto il resto.
Una volta mi proposero di dare tutte le lacrime della mia vita in cambio di nausea.
Accettai e ringraziai.
Volontariamente mi spezzo gli occhi sulle foto dei suoi sorrisi.
Le guardo a lungo, finché ogni singolo dente mi penetra gli occhi e si prende lo spazio che gli appartiene.
Le guardo a lungo quanto basta per dimenticare che sono fotografie di un sorriso lontano, di un attimo che non mi appartiene.
Lascio che il tempo passi e resto immobile, sto provando con tutto me stesso a far parte di quell'attimo.
Non ci riesco. E' impossibile.
Non posso diventare una fotografia.
Ma provarci mi fa stare meglio, mi illude piano piano.

Qualcuno apre la porta ed entra in camera mia.
Nascondo tutto e provo a fare finta di niente. Ho ancora le sopracciglia inclinate dallo sforzo di trattenere le lacrime. Probabilmente (sicuramente) sono stato scoperto, ma non è niente.
Quel che è peggio è che ora i miei occhi sono vuoti. Completamente vuoti. E le mie sopracciglia sono al loro posto.
Il disordine in camera mia, i muri bianchi, le facce delle persone, ne caldo ne freddo. Assolutamente nulla.

Aspetto che vada via e che chiuda la porta, voglio tornare immobile.

Le palpebre umide spazzano via tutto.
ed io resto vuoto mentre senza pensarci tiro fuori le fotografie e mi rimetto all'opera.

martedì 19 ottobre 2010