No, mamma, non è nessuna forma di depressione, è solo che pensavo che avere 22 anni sarebbe stato molto meglio di come non sia in realtà.
A 16 anni, quando le cose andavano male, mi dicevo che il me stesso di 22 anni sarebbe stato una persona fantastica, grazie anche alla merda che il me stesso di 16 aveva ingoiato.
A 18 anni, quando le cose andavano ancora peggio, mi dicevo che il me stesso di 22 anni avrebbe vissuto la vita nel migliore dei modi, a nome di tutti gli altri me stessi.
Ora, a 22 anni, le cose non sono affatto migliorate e, peggio ancora, ho poca fiducia nel me stesso di 32 anni.
Ho il presentimento che quest'altro me stesso, seduto in mutande al tavolo della cucina, con una tazza di caffè e una sigaretta tra due dita, non sentirà che l'oppressione dell'impotenza e il peso del fallimento di tutti gli altri me stesso, che non hanno saputo fare altro che aspettare e sperare che di certe faccende se ne occupassero il tempo ed i più grandi. E credo di sapere anche che, versando due dita di liquore nel caffè, sceglierà di dare la colpa agli altri, troppo immaturi e pigri, per evitare di pensarci su troppo.
Hai ragione, mamma, la cosa più brutta è questa mia consapevolezza e l'apatia con cui mi ci rapporto. Eppure è così da sempre.
Non riesco a capire come fare, cosa manca per farmi funzionare.
E' come se non serva altro che l'idea giusta. Un bagliore accecante in una delle notti passate aspettando la mattina per poter dormire, che riveli la soluzione.
Eppure non accade mai. E' un continuo girarci intorno, sentirsi vicini e poi dimenticarsene.
Esatto, anche il me stesso di 16 anni la vedeva così, e quello di 18 pensava le stesse cose.
Il risultato? Non ho mosso un passo.
Cosa vuoi che ti dica?
Aspetterò.
Ho deciso che mi metterò comodo e aspetterò.
Ora buonanotte, mamma. Devo andare a dormire.
Sono troppo stanco di aspettare. E' il turno del me stesso di domani.
Buonanotte.
A proposito di cani
13 anni fa
Nessun commento:
Posta un commento