mercoledì 25 marzo 2009

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Questa volta è stato il treno con gli occhi socchiusi delle ragazze, spalmati sui poggiatesta dei suoi sedili, a ricordarmi che ancora non è cambiato niente.
Aveva già raccolto una buona parte della gente stanca sulla tratta Bologna-Ferrara, prima ancora che riuscissi a vederlo, e stava cuocendo per bene le loro facce, con l'aria calda del riscaldamento. Feci scivolare il cappotto dalle braccia fino ad un sedile vuoto e mi stesi su quello di fianco, vicino al finestrino.
Nonostante il caldo appoggiai la fronte al vetro e chiusi gli occhi, lasciando che il sole mi riempisse la testa di bianco.
Pochi secondi dopo dormivo e la ragazza uscì dall'appartamento.
Lasciò aperta la porta, tirandosela dietro senza cura, e sparì senza guardarmi, forse non mi aveva visto, forse semplicemente non c'ero.
L'appartamento era in realtà un monolocale. Riuscivo a vederlo attraverso la porta aperta. Non si riusciva a distinguere altro, però. Era come inondato di luce bianca, era come guardare il sole ad occhi nudi.
Entrai e mi chiusi dentro.
Ora la luce era sparita e la stanza era completamente vuota, a parte un lenzuolo grigio e perfettamente steso sul pavimento, sul quale stava sdraiata la ragazza che era appena uscita, completamente nuda, fantastica.
Era come se la luce di qualche attimo prima provenisse da lei, e ora le stesse nascosta nel petto, all'altezza del seno, facendole brillare la pelle come fosse fatta di giada.
Non la conoscevo, ma mi parlava come se fossimo fratelli. Lo intuivo dal tono che usava, perchè di quello che diceva non riuscivo a capire niente. E continuava a strofinarsi sul suo lenzuolo, come se stesse cercando la posizione giusta.
Mi avvicinai a passi minuscoli, insignificanti. Quasi non mi muovevo.
Ero come in stato si shock. Gli occhi mi bruciavano e più avanzavo e più la luce nascosta dalla pelle di giada faceva come per venire fuori.
Arrivai a un passo da lei. Continuava a chiamarmi per nome. Continuava a parlarmi e a questo punto fui nudo anche io.
Mi sdraiai lentamente sopra di lei, impaziente di carezzarle i fianchi, di succhiarle la luce dalle labbra, di splendere un pò anche io.
Iniziammo a baciarci e fare l'amore, lentamente. Avrei voluto che durasse tutta la vita, che non finisse mai. Avrei invocato la morte nell'instante in cui la mia pelle si sarebbe staccata dalla sua. E nello stesso modo in cui il mio cuore aumentava di ritmo, i suoi occhi si schiarivano e mi abbagliavano.
Arrivò l'orgasmo. Per entrambi. Gigantesco. Infinito. Sentii il cuore scoppiarmi nel petto, i suoi occhi diventare pura luce e cancellarmi la faccia.
La stanza era nuovamente una fetta di sole. Non la vedevo più. Non la sentivo più.
Solo luce.

Lentamente tirai su la testa.
La cornice di alluminio del finestrino uscì fuori dal bagliore e pian piano si disegnò fredda e lercia com'era. L'odore di fumo vecchio di anni, penetrato in profondità nel mio sedile, mi aveva riempito il naso e gli occhi socchiusi e stanchi delle ragazze erano ancora li, a ricordarmi che ancora non è cambiato niente.

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